Responsabilità del Preposto: la vigilanza attiva è un obbligo
Con la sentenza n. 32520/2025, la Cassazione afferma la responsabilità penale del Preposto per l'omesso intervento a fronte di un pericolo palese. La sua omissione integra la colpa, non potendo l'imprudenza del lavoratore costituire un'esimente, qualora il rischio sia prevedibile e intrinseco alla mansione.
A cura di Avv. Alessia Lipari e Dott. Domenico Pio Collura
Con la recente sentenza n. 32520 del 1° ottobre 2025, la Corte di Cassazione è tornata a definire con nettezza i confini della responsabilità penale del Preposto in materia di sicurezza sul lavoro, confermando un principio fondamentale: la vigilanza deve essere attiva e l'omissione, in caso di pericolo evidente, equivale a colpa.
Il caso in esame: una caduta prevedibile
Nel caso di specie, il Preposto (capo cantiere) veniva condannato (da entrambi i collegi di merito) per lesioni colpose, nell’ambito dell'infortunio occorso al lavoratore durante le operazioni di pulizia delle finestre dell'edificio.
Nello specifico:
- il lavoratore stava pulendo le finestre di un edificio utilizzando una scala a pioli;
- durante l'operazione, ha perso l'equilibrio ed è precipitato a terra;
- il Preposto, che gli aveva affidato l'incarico, era presente "nelle immediate vicinanze" in un cantiere di dimensioni ridotte.
Veniva dunque contestata al Preposto la violazione degli obblighi (di cui all'art. 19, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 81/2008) riconducibili alla sua figura, in particolare quello di «sovrintendere e vigilare sull'osservanza da parte dei singoli lavoratori (…) delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro» (segnatamente, in punto di corretto utilizzo della scala).
La posizione della Cassazione
Nel caso di specie, il Preposto (capo cantiere) veniva condannato (da entrambi i collegi di merito) per lesioni colpose, nell’ambito dell'infortunio occorso al lavoratore durante le operazioni di pulizia delle finestre dell'edificio.
Nello specifico:
- il lavoratore stava pulendo le finestre di un edificio utilizzando una scala a pioli;
- durante l'operazione, ha perso l'equilibrio ed è precipitato a terra;
- il Preposto, che gli aveva affidato l'incarico, era presente "nelle immediate vicinanze" in un cantiere di dimensioni ridotte.
Veniva dunque contestata al Preposto la violazione degli obblighi (di cui all'art. 19, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 81/2008) riconducibili alla sua figura, in particolare quello di «sovrintendere e vigilare sull'osservanza da parte dei singoli lavoratori (…) delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro» (segnatamente, in punto di corretto utilizzo della scala).
La posizione della Cassazione
La difesa dell'imputato sosteneva che la condotta del lavoratore fosse "abnorme", ovvero talmente imprudente da interrompere il nesso di causalità con l'omissione del Preposto.
I giudici di legittimità, nel valutare le doglianze espresse dall'imputato, si sono soffermati in particolare su:
▪️la definizione di Preposto: la Cassazione ha ripercorso la definizione normativa e giurisprudenziale della posizione di garanzia ascrivibile al Preposto, evidenziando come l'art. 2, comma 1, lett. e), del D.Lgs. 81/2008 definisca il Preposto come la «persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa». In questo senso, viene ribadito che il Preposto «assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, anche nel senso di impedire prassi lavorative contra legem», chiaramente a condizione che il medesimo sia «titolare dei poteri necessari per impedire l’evento lesivo in concreto verificatosi»;
▪️la condotta del lavoratore: posto che, nel caso concreto, l’attività del lavoratore infortunatosi era avvenuta «palesemente sotto gli occhi» dell’imputato (il quale, presente sul luogo secondo le testimonianze raccolte, «non poteva non aver visto»), secondo la Cassazione, quest’ultimo avrebbe potuto – e, dunque, dovuto – intervenire.
Non colgono nel segno, infatti, le doglianze mosse circa l'asserita abnormità della condotta del lavoratore, in quanto quest’ultima (secondo gli orientamenti della IV Sezione) è idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta (quella omissiva del Preposto, in questo caso) e l’evento lesivo (infortunio subito dal lavoratore) soltanto ove «sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia».
In sintesi: quali tips per le aziende e i Preposti?
La sentenza ribadisce che il ruolo del Preposto non è una mera formalità.
In concreto:
- l'imprudenza del lavoratore non basta a esonerare da colpa: se un Preposto è sul luogo di lavoro, la sua responsabilità di vigilanza si attiva automaticamente. "Vedere e non intervenire" è un'omissione colpevole;
- il potere di iniziativa è un dovere: il Preposto deve esercitare il suo "potere di iniziativa" per modificare le condizioni di lavoro non sicure, anche interrompendo l'attività se necessario.
I giudici di legittimità, nel valutare le doglianze espresse dall'imputato, si sono soffermati in particolare su:
▪️la definizione di Preposto: la Cassazione ha ripercorso la definizione normativa e giurisprudenziale della posizione di garanzia ascrivibile al Preposto, evidenziando come l'art. 2, comma 1, lett. e), del D.Lgs. 81/2008 definisca il Preposto come la «persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa». In questo senso, viene ribadito che il Preposto «assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, anche nel senso di impedire prassi lavorative contra legem», chiaramente a condizione che il medesimo sia «titolare dei poteri necessari per impedire l’evento lesivo in concreto verificatosi»;
▪️la condotta del lavoratore: posto che, nel caso concreto, l’attività del lavoratore infortunatosi era avvenuta «palesemente sotto gli occhi» dell’imputato (il quale, presente sul luogo secondo le testimonianze raccolte, «non poteva non aver visto»), secondo la Cassazione, quest’ultimo avrebbe potuto – e, dunque, dovuto – intervenire.
Non colgono nel segno, infatti, le doglianze mosse circa l'asserita abnormità della condotta del lavoratore, in quanto quest’ultima (secondo gli orientamenti della IV Sezione) è idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta (quella omissiva del Preposto, in questo caso) e l’evento lesivo (infortunio subito dal lavoratore) soltanto ove «sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia».
In sintesi: quali tips per le aziende e i Preposti?
La sentenza ribadisce che il ruolo del Preposto non è una mera formalità.
In concreto:
- l'imprudenza del lavoratore non basta a esonerare da colpa: se un Preposto è sul luogo di lavoro, la sua responsabilità di vigilanza si attiva automaticamente. "Vedere e non intervenire" è un'omissione colpevole;
- il potere di iniziativa è un dovere: il Preposto deve esercitare il suo "potere di iniziativa" per modificare le condizioni di lavoro non sicure, anche interrompendo l'attività se necessario.
Formare adeguatamente i Preposti e dotarli di chiari poteri gerarchici e funzionali non è solo un adempimento normativo ma una necessità strategica.