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La nuova Direttiva UE sul Greenwashing e la necessaria adozione di misure di compliance

È stata pubblicata la Direttiva UE sul Greenwashing, il cui obiettivo è promuovere una transizione ecologica, prevedendo una serie di divieti volti a contrastare il c.d. “greenwashing”. 

Lo scorso 6 marzo è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva (UE) 2024/825 (“Direttiva UE sul Greenwashing”), il cui obiettivo primario è la tutela dei consumatori, spesso ingannati da aziende produttrici e distributrici che compiono pratiche di “greenwashing”. 
Il c.d. “greenwashing” è una pratica commerciale sleale adottata dalle imprese con lo scopo di presentarsi al mercato come soggetti attenti alle politiche ambientali e sociali senza, tuttavia, porre concretamente in essere misure “eco-friendly”.
L’ambientalismo di facciata, le pratiche di obsolescenza precoce nonché l’uso scorretto di marchi di sostenibilità ledono il consumatore in quanto gli impediscono di compiere scelte consapevoli, le aziende che realmente adottano misure ecosostenibili e ostacolano la transizione ecologica dei processi produttivi. 

Un intervento normativo a livello europeo era, dunque, assolutamente necessario. 
 
Claims ambientali
In forza del principio di correttezza, la Direttiva ha previsto il divieto di utilizzare “asserzioni ambientali” (art.1) generiche. In particolare, sono espressamente vietate dichiarazioni di “eccellenza ambientale” imprecise, non oggettive o verificabili nonché l’utilizzo di marchi di sostenibilità non riconducibili a sistemi di certificazione.  
A titolo meramente esemplificativo, è vietato l’utilizzo di espressioni quali “rispettoso dell’ambiente”, “ecocompatibile”, così come le dichiarazioni “zero emissioni nette per il clima” e/o “impronta CO2 ridotta” devono ritenersi messaggi ingannevoli se l’impatto del prodotto sull’ambiente è nullo, ridotto o addirittura positiva solamente con un’operazione di compensazione delle emissioni. 

Claims di durabilità
Si basa, invece, sul principio di trasparenza il divieto di claims che nascondono una caratteristica del prodotto al fine di limitarne la durabilità oppure l’esistenza di una garanzia commerciale, di aggiornamenti gratuiti o ancora della possibilità di riparare il prodotto. Ciò in ragione del fatto che la c.d. obsolescenza programmata ha un impatto negativo sull’ambiente in quanto costringe il consumatore a sostituire il prodotto o suoi componenti prima di quanto tecnicamente necessario.  

Il legislatore europeo non ha individuato delle sanzioni da applicare in caso di violazione degli obblighi e dei divieti imposti; tuttavia, le stesse potranno essere previste dagli Stati membri con la legge nazionale di recepimento della direttiva.
Ad esempio, nel 2023 la Francia ha previsto l’applicazione di sanzioni fino all’80% del costo della sleale campagna promozionale per le imprese che hanno adottano pratiche di greenwashing

Ad ogni modo, è certamente opportuno che le imprese produttrici e distributrici si attivino sinora per rendersi compliant alle nuove norme e dimostrarsi leali e trasparenti agli occhi dei consumatori.

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