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Condannata l’amministratrice di condominio per la morte di un operaio: assume di fatto la veste di committente

Con sentenza n. 445 del 23 aprile 2025, la Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, ha confermato la decisione dei giudici di appello, condannando un’amministratrice di condominio per la morte occorsa ad un lavoratore incaricato di ispezionare una grondaia. L’amministratrice ha assunto, di fatto, la veste di committente dei lavori.

A cura dell'avv. Carlo Ferrucci e la dott.ssa Carlotta Garufi

Il procedimento in esame traeva origine dal decesso di un operaio per effetto di una sua caduta dall’alto, mentre, su incarico dell’amministratrice, era intento ad ispezionare una grondaia collocata in aderenza ad un’abitazione all’interno del condominio. 
La Corte d’Appello condannava l’amministratrice, in ordine al delitto di omicidio colposo. Veniva altresì condannato il condominio, in qualità di responsabile civile, al risarcimento dei danni patiti dagli eredi della vittima.
Ricorreva per Cassazione l’imputata, la quale lamentava, tra i vari motivi di gravame, la circostanza per cui non potesse essere considerata ‘datore di lavoro’ del prestatore d’opera, in mancanza di una delibera assembleare che le avesse previamente riconosciuto autonomia di azione e concreti poteri decisionali. 

Nel rigettare il ricorso, la Cassazione rilevava invece come, in esito ad un’assemblea condominiale straordinaria, il condominio avesse deliberato di non procedere ad effettuare la sostituzione della grondaia non funzionante, giudicando sufficiente la verifica dell’eventuale esistenza di un’ostruzione.
In tale circostanza, i condomini avevano incaricato l’amministratrice di convocare, per il giorno seguente, l’addetto al giardinaggio, per un’ispezione. 

L’aver assunto l’incarico di individuare e nominare tale figura quale soggetto cui affidare l’attività in questione, a parere dei giudici, ha fatto sì che l’amministratrice assumesse de facto la veste di committente dei lavori, tenuta a verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’incaricato. 
In questo senso, la Cassazione ha ribadito il principio di diritto, già affermato in altre precedenti pronunce (ex multiis, IV Sez. Pen., sent. n. 10136/2020), secondo cui l’amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio può assumere, nei casi in cui la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la qualifica di ‘committente’ ed è dunque tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice. 

A nulla è valso il rilievo, invero sollevato dalle difese nei motivi di ricorso, per cui il prestatore d’opera non rientrasse nella qualifica di ‘lavoratore’ ai sensi del D. Lgs. 81/2008.
Sul punto, la Cassazione ha infatti ricordato come la definizione di lavoratore richieda il semplice svolgimento dell’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione del datore di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale. A rilevare è infatti esclusivamente l’espletamento di mansioni tipiche dell’impresa, anche eventualmente a titolo di favore, nel luogo deputato e su richiesta dell’imprenditore.